Artrite reumatoide e Covid-19, quali rischi corrono i pazienti

Due studi presentati all’ultimo congresso della European Alliance of Associations for Rheumatology

5 luglio 2021 / Reumatologia

di Irma D’Aria
Da: REPUBBLICA:IT

Chi soffre di artrite reumatoide ha maggiori probabilità di ammalarsi di Covid-19 e anche di essere ricoverato per la cura dell’infezione, ma non c’è un rischio maggiore di peggioramento dalla diagnosi ambulatoriale al ricovero o alla morte. E’ quanto emerge da quello che viene considerato il più grande studio condotto fino ad oggi sugli esiti di Covid-19 nei pazienti con artrite reumatoide. A condurlo sono stati i ricercatori dell’Università di Oxford che lo hanno presentato con un poster all’ultimo Congresso della European Alliance of Associations for Rheumatology (Eular). Sempre all’Eular, è stato presentato un altro poster con i dati sulla popolazione svedese che mostrano che i rischi di Covid-19 grave sono maggiori tra le persone con malattie infiammatorie articolari. In Italia l’artrite reumatoide colpisce circa 300mila persone e ogni anno si registrano circa 5mila nuovi casi.

La ricerca spagnola
La sindrome respiratoria acuta grave da Sars-CoV-2 è particolarmente preoccupante per le persone con malattie infiammatorie e si è ipotizzato che questi pazienti possano avere un rischio più elevato e anche esiti peggiori. Tuttavia, al momento le implicazioni rimangono poco chiare. Proprio su questi aspetti ha indagato lo studio di coorte condotto sulla popolazione registrata nel Sistema informativo per la ricerca nelle cure primarie (SIDIAP), che copre oltre l'80% della popolazione della Catalogna, in Spagna. Queste informazioni sono state collegate ai test Sars-CoV-2 a livello regionale, ai ricoveri ospedalieri e ai dati sulla mortalità raccolti tra il 1 marzo e il 6 maggio 2020. Sono state identificate oltre cinque milioni e mezzo di persone, di cui 16.344 con artrite reumatoide.

L’associazione tra AR e Covid-19
Dall’analisi dei dati, i ricercatori hanno concluso che avere artrite reumatoide è positivamente associato alla diagnosi e al ricovero in ospedale per Covid-19. Tuttavia, gli autori non hanno trovato un'associazione tra l'AR e il rischio di peggioramento dalla diagnosi ambulatoriale al ricovero o alla morte. “Sono necessarie ulteriori ricerche per analizzare i fattori che collegano gli esiti di AR e Covid-19, inclusa la presenza di altre comorbidità, l'attività sottostante della malattia da AR e l'uso di farmaci immunosoppressivi”, dichiara Arani Vivekanantham, primo autore dello studio e responsabile del dipartimento di reumatologia dell’Università di Oxford. “In effetti - conferma Roberto Gerli, direttore struttura complessa Reumatologia dell’Università di Perugia e presidente della Società Italiana di Reumatologia (Sir) - dal lavoro emerge un rischio aumentato di diagnosi e ospedalizzazioni ma non di prognosi più negative o addirittura di mortalità”.

Comorbidità e terapie
Cosa rende questi pazienti più esposti al rischio di contagio? “E’ difficile dirlo con i dati che abbiamo ora a disposizione”, risponde il presidente della Sir che avanza due ipotesi: “La tentazione è di rimandare la spiegazione all’utilizzo delle terapie che inducono immunosoppressione”, fa notare Gerli. “Un paziente con immunodepressione da farmaci potrebbe rischiare maggiormente di ammalarsi da Covid-19 ma in modo lieve, quello che può fare la differenza è la malattia in fase attiva che potrebbe far aumentare il rischio di ammalarsi in modo più grave e per questo motivo non bisogna mai sospendere la terapia”. Del resto, proprio per questo i pazienti con artrite reumatoide sono considerati fragili e per loro, così come per tutti i pazienti reumatologici portatori di malattie infiammatorie croniche e autoimmunitarie sistemiche, la Sir ha richiesto che vengano vaccinati nel più breve tempo possibile e senza interrompere le terapie molte delle quali - tra l’altro - vengono utilizzate proprio per curare i pazienti con Covid-19. Non è una contraddizione? “Il fatto è che bisogna distinguere il momento in cui si somministrano queste terapi”, chiarisce Gerli. “Nella fase iniziale dell’infezione quando è in atto la replicazione virale, le terapie immunosoppressive potrebbero essere dannose, ma nella seconda fase della malattia quando è in atto la tempesta citochinica con uno stato di iperinfiammazione i farmaci immunosoppressivi funzionano”, dichiara il presidente della Sir.

La questione della comorbidità
La seconda ipotesi che potrebbe spiegare perché i pazienti con artrite reumatoide sono più a rischio di ammalarsi di Covid-19 riguarda la comorbidità: “Chi soffre di artrite reumatoide o lupus va considerato a rischio cardiovascolare, a prescindere dall’età e dalla presenza o meno dei classici fattori di rischio cardiovascolare, come ipercolesterolemia, diabete, ipertensione. Di conseguenza, questo potrebbe spiegare il maggior rischio anche di ammalarsi in forma più grave di Covid-19”, conclude Gerli. Proprio di recente uno studio pubblicato su European Journal of Preventive Cardiology dimostra che esiste un sostanziale raddoppio della probabilità di andare incontro ad un infarto mortale negli over-50 che soffrono di patologie come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico o la psoriasi in confronto alla popolazione senza queste patologie.

La ricerca svedese
Un altro studio condotto stavolta in Svezia ha esaminato la mortalità per tutte le cause, i rischi assoluti e relativi di Covid-19 grave nelle persone con malattie articolari infiammatorie croniche, con un confronto sia rispetto al tempo che alla popolazione generale. Utilizzando i dati di Artis, un database nazionale svedese, sono stati analizzati i dati su ricoveri ordinari, ricoveri in terapia intensiva e decessi dovuti a Covid-19 in 110.567 persone con malattia infiammatoria articolare, tra cui AR, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, spondiloartrite o idiopatica giovanile e artrite. Questi sono stati confrontati con i risultati di 484.277 persone nell’ambito della popolazione generale.

Rischi simili per chi soffre di malattie infiammatorie croniche
In tutti i gruppi, il rischio assoluto di morte per qualsiasi causa nel 2020 è stato superiore a quello 2015-2019, con un picco a metà aprile, ma i rischi relativi di morte rispetto alla popolazione generale sono rimasti simili. Tra le persone con malattia infiammatoria articolare nel 2020, il rischio di ricovero, ricovero in terapia intensiva e morte a causa di Covid-19 era rispettivamente dello 0,5%, dello 0,04% e dello 0,1%.