«Obiettivo remissione» per vivere con una malattia reumatica come se non ci fosse

Un traguardo oggi possibile per gli oltre 5 milioni di italiani afflitti da una malattia reumatica.

30 giugno 2020 / Reumatologia

Tratto da: Corriere.it

Sintomi affievoliti o addirittura spariti che consentono di svolgere più facilmente le normali attività quotidiane senza le solite difficoltà: vivere come se la malattia reumatica non ci fosse, anche se non si è guariti, non è un traguardo irraggiungibile ma una speranza concreta per gli oltre 5 milioni di italiani colpiti, anche in giovane età, da una delle 150 malattie reumatiche conosciute. Si chiama tecnicamente «remissione», una parola ancora sconosciuta ai più, come emerge da un’indagine dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR), che per questo motivo ha promosso la campagna di informazione «Obiettivo remissione», realizzata con il supporto di AbbVie, presentata nel corso di un incontro in diretta web, dal titolo «Malattie reumatiche sotto controllo. Il ruolo del medico e quello del paziente», organizzato da Corriere Salute. «Non tutti conoscono questa parola così importante per chi soffre di una malattia reumatologica – sottolinea Silvia Tonolo, presidente ANMAR –. Per molti significa guarigione ma non è così, altri non hanno mai sentito parlare di remissione, nemmeno nell’ambulatorio di reumatologia».

Vita normale (o quasi)

Ma cosa s’intende esattamente per «remissione» e come raggiungere l’obiettivo? Spiega Luigi Sinigaglia, presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR): «Il concetto di remissione, che si è diffuso in reumatologia con l’arrivo dei farmaci biotecnologici, potenti medicinali che permettono di contrastare alcuni fattori che generano l’infiammazione, va inteso come il tentativo che i reumatologi fanno di ridurre ai minimi termini l’attività infiammatoria della malattia, che non vuol dire azzerarla completamente ma portarla in una dimensione che consente al paziente di avere una qualità di vita migliore, a livello sociale e lavorativo, e anche di arrivare nella stragrande maggioranza dei casi a una situazione in cui il danno anatomico e strutturale, indotto dalla malattia, viene praticamente azzerato nel tempo. In altre parole nel paziente in remissione clinica si riducono ai minimi termini il dolore, le tumefazioni articolari, l’impotenza funzionale legata alla presenza di queste malattie».

Diagnosi precoce e terapie «su misura»

Un altro aspetto fondamentale per raggiungere l’«obiettivo remissione» è la diagnosi precoce della malattia reumatica. Sottolinea il professor Sinigaglia: «È tanto più facile ottenere la remissione della malattia quanto più rapidamente riusciamo a mettere in atto le terapie, che attualmente ci consentono di giungere alla remissione in un’elevata percentuale di pazienti». E i trattamenti sono sempre più “su misura” per il singolo paziente, come spiega il direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano, Roberto Caporali: «Oggi abbiamo a disposizione tanti farmaci con diversi meccanismi di azione, adattabili alle caratteristiche del singolo malato. Insieme al paziente va scelto il medicinale che per lui ha un profilo di sicurezza migliore ed è più comodo da assumere, altrimenti non lo prenderà. Fino a una decina di anni fa – prosegue Caporali – il trattamento dei pazienti era misurato sulla riduzione del dolore e sul miglioramento delle condizioni cliniche quanto più possibile, adesso deve essere mirato al raggiungimento della remissione, che è più facile da ottenere nelle prime fasi della malattia ma si può raggiungere anche nelle malattie di lunga durata».

Il ruolo del paziente

Il traguardo della remissione dipende da una stretta collaborazione fra il paziente e i medici che lo hanno in cura. «Non basta raggiungere la remissione clinica, poi bisogna mantenerla – sottolinea Caporali –. Come? Innanzitutto proseguendo la terapia, che può essere sospesa solo sotto lo stretto controllo del medico e a certe condizioni: a volte il paziente sta bene ma la malattia non è totalmente “ferma”, quindi è compito del reumatologo valutare non solo l’aspetto clinico ma, per esempio, quello radiologico. Non bisogna interrompere la terapia finché non siamo sicuri che la remissione raggiunta sia prolungata e stabile, solo allora possiamo provare con cautela a ridurre pian piano i farmaci». Da qui l’importanza di condividere col paziente il percorso di cura e lo stesso traguardo della remissione. Sottolinea Silvia Tonolo: «Vogliamo arrivare a una condivisione di questa parola che dà speranza alla persona malata. Per rendere la remissione parte integrante delle informazioni fornite di solito al paziente, abbiamo realizzato un opuscolo (“Remissione e malattie reumatiche”), che distribuiremo ai nostri associati e negli ambulatori di reumatologia, e una graphic novel» (qui il video). https://www.youtube.com/watch?v=2HUNwv-Nrg0