Spondilite anchilosante, quando il mal di schiena è reumatico e cronico

Colpisce soprattutto in giovane età e spesso viene riconosciuta con molto ritardo

2 luglio 2021 / Reumatologia

di Vera Martinella
Da: CORRIERE.IT

Cosa hanno in comune il poeta Giacomo Leopardi e il giovante cantante del gruppo indie rock americano Imagine Dragons, Dan Reynolds? Una malattia reumatica che colpisce soprattutto gli uomini in giovane età e che può avere gravi conseguenze sia sulle normali attività della vita quotidiana sia sul fronte psicologico e sociale, tanto che molti malati finiscono per soffrire di ansia, depressione e isolamento. Si chiama spondilite anchilosante e si presenta generalmente come un forte mal di schiena, di cui non si comprende la causa e che non passa. Anzi, col trascorrere del tempo peggiora. «Il mal di schiena è la principale ragione di assenza dal lavoro in Italia e causa di sofferenza per ben 10 milioni di connazionali — dice Francesco Ciccia, direttore del Dipartimento di Medicina di Precisione e Reumatologia all’Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli» di Napoli —. Se il dolore è soprattutto notturno, tanto da svegliarsi nel sonno, e se è più accentuato a riposo (come al mattino o dopo ore sdraiati) bisogna insospettirsi: l’origine della sofferenza potrebbe essere reumatica e trattarsi di una patologia infiammatoria cronica come la spondilite anchilosante».

Età d’insorgenza
Insorge tipicamente dai 25 anni in poi, prima dei 40, specie nei maschi, che tendono a non andare dal medico e a sottovalutare il problema anche a lungo. Dolori e rigidità articolari, limitazioni nei movimenti e problemi della colonna vertebrale, del bacino o del collo che non si risolvono e che non hanno una spiegazione sono però sintomi che non vanno ignorati: meglio parlarne con un medico, che potrà prescrivere eventuali esami e la visita con uno specialista reumatologo. Il ritardo diagnostico in questi pazienti è purtroppo ancora oggi un problema importante che comporta conseguenze gravi sia a livello psicologico, sia sul fronte lavorativo, per la difficoltà a svolgere le proprie mansioni a causa dei dolori e delle ripetute assenze con un netto peggioramento della qualità di vita, come è emerso da un evento organizzato in streaming sul sito di Corriere.it lo scorso mercoledì 3 marzo.

Prima si iniziano le cure meglio è
«La gran parte dei ragazzi sopporta per troppo tempo, tanto che le statistiche internazionali indicano che ci vogliono circa sette anni dall’esordio del dolore prima di arrivare alla diagnosi di spondilite anchilosante — sottolinea Alberto Cauli, direttore della Reumatologia del Policlinico di Monserrato, Università di Cagliari —. E lo stesso accade per la spondiloartrite psoriasica, una lombalgia infiammatoria che si presenta nel 30 per cento circa dei pazienti con psoriasi e che può essere associata anche a un’artrite psoriasica periferica (che interessa polsi, ginocchia, caviglie o mani). Molti studi scientifici hanno però dimostrato chiaramente che prima si iniziano le cure meglio è: si hanno infatti livelli più bassi di attività della malattia e minori complicanze, oltre a una buona qualità di vita». Oggi le terapie efficaci esistono. E lo dimostrano anche i salti sul palco del frontman degli Imagine Dragons durante i concerti, contrapposti alle note sofferenze del poeta e filosofo ottocentesco italiano, il cui pessimismo viene spesso ricondotto proprio al dolore e alla malattia che lo affliggevano.

Diverse terapie disponibili
Ci sono i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (anti-TNF) e, quando questi sono inefficaci, nuovi trattamenti che colpiscono in modo mirato le citochine (come l’interleuchina 17A) responsabili del ciclo infiammatorio alla base della malati. «Ogni paziente deve ricevere il trattamento più adeguato nel suo caso: grazie alla rivoluzione terapeutica verificatasi negli ultimi 20 anni, oggi si può avere una vita normale — spiega Roberto Gerli, presidente della Società Italiana di Reumatologia (Sir) e direttore della Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera di Perugia —. Non trattata in modo efficace, invece, la spondilite può provocare un danno osseo irreversibile alle articolazioni o alla colonna vertebrale. Certo è importante anche che terapie e controlli non vengano interrotti, come purtroppo è avvenuto a causa dell’epidemia di Covid, che ha creato grandi difficoltà ai malati con bisogno di assistenza continua. Proprio per agevolare i contatti con i medici e creare un collegamento di base sul territorio, la Sir ha impostato nei mesi scorsi una delle prime piattaforme di telemedicina».

Nuoto, pilates, yoga possono essere d’aiuto
Sono circa 60mila gli italiani che soffrono di spondilite anchilosante: il loro mal di schiena si accentua a riposo e migliora facendo movimento. Diversi studi clinici hanno dimostrato che l’esercizio costante per favorire la flessibilità è molto utile sia per il dolore sia per la funzionalità fisica. I pazienti dovrebbero trovare sempre il tempo di fare con regolarità gli esercizi per una buona flessibilità della colonna e per il controllo della postura: in questo modo riferiscono di soffrire meno e di utilizzare meno i farmaci. Gli sport come nuoto o acquagym possono essere utili ed efficaci, così come pilates, yoga o simili, che abbinano l’allungamento tendineo, esercizi di respirazione e di controllo della postura. Meglio sarebbe invece evitare sport che aumentano le sollecitazioni alla colonna vertebrale, come equitazione o il sollevamento pesi.